Ricerca: le novità dall’Università di Pavia

ANIMALI PREISTORICI

Lo studio di più di 70 ossa e di numerosi frammenti fossili, rinvenuti inizialmente da parte di uno studente dell’Università di Pavia nel 2008, nei pressi di Alghero, in Sardegna, durante un campo di geologia, ha consentito di ricostruire le fattezze di un “Alierasaurus Ronchii”. Si tratta di un grande animale erbivoro vissuto nel Permitano medio, ovvero tra 279 e 272 milioni di anni fa, lungo circa 7 metri, ma caratterizzato da un collo corto e da una testa piccola. Il lavoro, eseguito da un gruppo di paleontologi del Dipartimento di Scienze della Terra di Pavia, in collaborazione con l’Università di Roma-La Sapienza e il Museum für Naturkunde di Berlino, è stato pubblicato sulla rivista internazionale Palaeontologia Electronica. «L’esemplare è unico e importantissimo dal punto di vista scientifico» spiega il Prof. Ausonio Ronchi, coautore della ricerca, perché i fossili di questa specie sarebbero estremamente rari: sono solo quattro quelli ritrovati in Europa, mentre la maggior parte è stata rinvenuta in Nord America.

DALLA SETA AL MIDOLLO OSSEO

3 milioni di euro, 21 ricercatori. Sono i numeri del maxi progetto finanziato dall’Unione Europea nell’ambito del programma Horizon 2020 che intende sfruttare la seta, in particolare quella biocompatibile prodotta dai bachi “Bombyx Mori”, per realizzare un modello di midollo osseo umano. L’obiettivo finale dei ricercatori del Dipartimento di Medicina molecolare dell’Università di Pavia è quello di studiare come nascono le piastrine. La produzione di piastrine ex vivo, ovvero in laboratorio, è infatti una delle maggiori sfide della ricerca ematologica che può portare a importanti ripercussioni sia in ambito clinico che industriale. Al progetto, nome ufficiale SilkFusion, aderiscono 6 organizzazioni da 5 paesi. Insieme all’ateneo pavese da segnalare anche l’Università di Cambridge e l’Institut Gustave-Roussy (il maggiore centro oncologico di Francia).

NUOVI FARMACI

Un team di ricercatori del Dipartimento di Biologia e Biotecnologie dell’Università di Pavia ha ottenuto la struttura atomica degli enzimi che producono i radicali dell’ossigeno, una struttura tridimensionale non ancora nota poiché formata da proteine di membrane, tra le più difficili da manipolare in laboratorio. Le mutazioni di questi enzimi, detti “Nox”, sono la causa di due malattie genetiche, la granulomatosi cronica e l’ipotiroidismo congenito. Ma tra le funzioni più interessanti dei Nox c’é anche la regolazione dei processi di proliferazione e di morte cellulare. Lo studio pubblicato di recente sulla rivista Pnas apre dunque nuove, e finora inesplorate, possibilità di sviluppo di nuovi farmaci, anche contro alcuni tumori, come quello al pancreas, alla prostata o all’esofago.

AT

[Foto dalla rete]