Lo studio pubblicato a inizio settembre sulla rivista Science Advances conferma, ancora una volta, che il patrimonio genetico della popolazione italiana è il risultato di una lunga e complessa storia di migrazioni e di mescolamenti favoriti dalla posizione geografica della penisola. La novità però che è emersa dagli oltre 1500 campioni raccolti dai ricercatori, sta nella presenza di tracce inedite, ovvero quelle di un gruppo ancestrale geneticamente simile alle popolazioni moderne della regione del Caucaso, che sarebbe giunto in Italia passando da sud. Si tratta dunque di una componente in più rispetto al DNA europeo comune che conta invece tre soli gruppi predominanti: i cacciatori-raccoglitori del Mesolitico, gli agricoltori neolitici di origine mediorientale, gli allevatori di cavalli dell’Età del Bronzo. Ancora più variabile invece è il genoma della popolazione della Sardegna a cui sono state dedicate altre precedenti ricerche.
«In questo contesto – spiegano i ricercatori – è importante ricordare che, a livello genetico, gli esseri umani condividono quasi tutto il loro DNA, e le differenze che si possono riscontrare in media tra due soggetti presi a caso sono intorno allo 0,1%». Inoltre, «è noto che il genoma di tutte le popolazioni umane non subsahariane contiene traccia del mescolamento tra neandertaliani e Homo sapiens, un’ibridazione avvenuta dopo l’uscita di quest’ultimi dall’Africa circa 60.000 anni fa, nel successivo lungo periodo di convivenza nel continente eurasiatico.»
La ricerca è il frutto di una collaborazione tra il Dipartimento di Biologia e Biotecnologie “L. Spallanzani” dell’Università di Pavia e l’Istituto Italiano per la Medicina Genomica di Torino, con la partecipazione di molti ricercatori di altre università italiane (Perugia, Sassari, Roma, Padova, Milano) ed estere (Tartu, Aarhus, Purdue, Washington, Tolosa, Londra, Marrakech, Marsiglia, Nantes, Parigi, Leuven, Oujda, Porto).
[Aggiornato 9/9/2019 ore 10:09]
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