Nell’anno del 500° anniversario dalla morte di Leonardo Da Vinci, una ricerca congiunta Università di Pavia e King’s College di Londra ha analizzato il modo di lavorare del genio fiorentino, sulla base dei dati storici e delle cronache, arrivando a ipotizzare che fosse affetto da ADHD, un disturbo da deficit di attenzione e iperattività. La prova arriverebbe sia dalla sua straordinaria creatività, sia dal fatto che progettava contemporaneamente più opere, spesso le rinviava oppure non le terminava affatto. Esempi emblematici sono l’incompiuta Adorazione dei Magi, i 16 anni voluti per la Gioconda, la macchina del volo mai realizzata, o ancora il trattato di anatomia iniziato proprio a Pavia nel 1510-1511, e mai pubblicato.
L’articolo uscito sul giornale di neurologia Brain lo scorso 23 maggio aggiunge ulteriori dettagli che rafforzerebbero la “diagnosi”: Leonardo era mancino, probabilmente dislessico come dimostrano alcuni errori sui suoi taccuini, e il linguaggio prevaleva nell’emisfero destro. «Mancava di perseveranza, senza una pressione o una guida esterna che lo spronava si perdeva» racconta alla Provincia Pavese Paolo Mazzarello del Dipartimento di Scienze del Sistema Nervoso e del Comportamento dell’Università di Pavia.
«Spero che il caso di Leonardo dimostri come l’ADHD non sia legato a un basso quoziente intellettivo o a mancanza di creatività – spiega invece all’ANSA Marco Catani, direttore del Natbrainlab al King’s College di Londra – ma piuttosto alla difficoltà di capitalizzare il proprio talento naturale. Mi auguro che l’eredità di Leonardo ci aiuti a cambiare lo stigma che circonda l’ADHD.»
AT