L’Università italiana fuori dall’Europa: l’allarme della CRUI

La crisi colpisce trasversalmente l’Europa ma non le sue Università. Molti Paesi scelgono di investire sulla formazione terziaria e sulla ricerca, unica garanzia per il rilancio dello sviluppo. Altri no. E non si tratta solo del dato prevedibile della Germania – la cui bilancia commerciale è in attivo – ma di quello di gran parte dei Paesi europei. Persino in Gran Bretagna, dove l’immaginario collettivo pensa a un’Università prevalentemente privata, l’investimento pubblico è maggiore di quello italiano. Lo rivelano i dati dell’Osservatorio della European University Association (EUA) presentati oggi da Stefano Paleari – Segretario Generale della CRUI, membro del board dell’Associazione Europea e referente per la parte relativa al Public Funding – all’incontro “Sapientia colloquia: criticità ed emergenze nel sistema universitario”, tenutosi all’Università La Sapienza di Roma.

«Lo scorso 6 giugno Il Ministro Carrozza davanti alle Commissioni riunite di Camera e Senato della Repubblica ha sottolineato che “L’istruzione e la ricerca scientifica sono fattori determinanti per lo sviluppo economico” – ha sottolineato Paleari – Oggi, inoltre, uno studio di Bankitalia rivela che anche l’economia lombarda è in recessione e che il problema centrale è rappresentato dal numero ridotto di ricercatori e dall’assenza di un volume adeguato di attività di brevettazione. Se si pensa che l’economia lombarda è quella che traina il Paese, lo scenario appare tristemente chiaro.»

«L’osservatorio dell’EUA è su questo esplicito. – ha aggiunto Paleari – Gli svedesi investono 731 euro per cittadino per l’Università. I tedeschi 304. Addirittura gli spagnoli 157. Noi siamo ad appena 109, con un calo netto del 14% negli ultimi 4 anni. Questi sono dati oggettivi, non opinioni. E con questi numeri sarà presto impossibile per le Università garantire il supporto essenziale per il rilancio dell’economia e dello sviluppo. Ovvero ciò che sia il Ministro che Bankitalia si augurano per l’uscita dalla crisi.»

«In quest’ottica – ha concluso Paleari – Quando si chiede il ripristino dei 300 milioni mancanti si chiede, di fatto, di passare da 109 a 114 euro per cittadino. Stiamo parlando di 5 euro! Continueremmo comunque ad essere il fanalino di coda dell’Unione, ma almeno riusciremmo ad arrestare la frana che si sta abbattendo sul nostro sistema dell’università e della ricerca.»

I dati dell’osservatorio sottolineano anche come il taglio delle risorse sia andato di pari passo con la riduzione del numero di ricercatori e docenti, a tutto svantaggio del rapporto studenti/docenti. Ovvero una delle garanzie più importanti per gli studenti della qualità della didattica e di un ambiente di apprendimento confortevole e motivante. Basti pensare che, secondo il ranking 2012 del Times Higher Education, nelle 10 migliori Università il rapporto medio  studenti/docenti è 7. In Italia 30.