La memoria nell’arte del passato: quale salvaguardia?

«I beni culturali e materiali sono tutti uguali tra loro, così come gli uomini. Non è accettabile che si facciano discriminazioni nell’arte» ha esordito così Paolo Matthiae, professore emerito di Archeologia Orientale all’Università La Sapienza di Roma, nel suo secondo incontro pavese.

L’11 e il 12 aprile, a Palazzo San Tommaso, lo studioso (foto) ha parlato dell’arte orientale tra passato, presente, futuro e della sua tutela in luoghi in cui è difficile persino proteggere le persone.

Dopo aver parlato di Ebla – città risalente al periodo del Bronzo antico, di cui ha diretto gli scavi dal 1964 – e dell’antica Mesopotamia, Matthiae ha sottolineato l’importanza del valore universale di qualunque opera e della loro salvaguardia a prescindere dalla collocazione.

Tuttavia questo non è sempre possibile, come si può notare dagli episodi degli ultimi 30 anni in Siria e in Iraq, a causa del controllo politico, degli interessi economici, dei moventi propagandistici dei regimi e dell’odio ideologico. Appare dunque che deturpazione, appropriazioni illegali e soppressioni delle opere sarebbero il modo migliore per attaccare il paese avversario, umiliarne l’identità e cancellarne la cultura.

E negli ultimi decenni ci si è illusi che l’Unesco avrebbe salvaguardato il panorama artistico mondiale – ha raccontato provocatoriamente l’archeologo romano – eppure ci troviamo ancora adesso a sperare che l’illusione diventi realtà.

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