La donna perfetta non è né bionda, né mora, e non ha né le forme o l’altezza di una modella. Bensì è alta poco più di un metro, ed è ultra milionaria (d’età). Arriva direttamente da Hadar, in Etiopia, e si chiama come una famosissima canzone dei Beatles: Lucy.
È stata lei la protagonista dell’incontro lo scorso 9 aprile al Collegio Volta di Pavia intitolato “Africa and the origins of humankind”.
«Abbiamo tutti geni africani dentro di noi» ha esordito Donald Johanson, uno dei più grandi paleoantropologi americani e padre, appunto, di Lucy: il primo esemplare di donna bipede adulta risalente a 3,2 milioni di anni fa, quando l’essere umano era a metà tra la scimmia e l’uomo. «Potrà essere cambiato il colore della pelle – ha continuato – ma i nostri nonni arrivano da lì».
«Ero molto più magro, giovane e abbronzato quando trovai, nel 1974, il primo ossicino di Lucy – ha raccontato Johanson di fronte a tanti studenti – capimmo che si trattava di una donna e allora chiesi alla mia fidanzata di allora di scegliere un nome che le piacesse».
Ma la sua non è stata la prima scoperta, né l’unica. Lo studioso di Chicago ha inoltre spiegato che sono venti, in tutto, i resti degli ominidi ritrovati che ci aiutano a ricreare il nostro albero genealogico, permettondoci così di illustrare l’evoluzione dell’uomo. Capire come si siano trasmessi i comportamenti e le emozioni, come mai siamo l’unica specie ad essersi eretta su due piedi e dotata di parola è il prossimo obiettivo della ricerca in questo campo scientifico.
«Le domande ci sono sempre e le risposte si possono cercare, ma se non dovessimo trovarne basta cambiare l’interrogativo» è il motto di Donald Johanson. Aspettiamo risposte.
FC IC
(Aggiornato 15/4/2013)