Corte europea: numero chiuso non viola Diritto allo studio. I commenti

Il numero chiuso che in Italia regola l’accesso a determinate facoltà non viola il diritto allo studio. Lo ha stabilito la Corte europea dei diritti umani nella sentenza emessa l’altro ieri nei confronti del nostro Paese.

Secondo i giudici, che per la prima volta si sono trovati a dover stabilire se il numero chiuso fosse compatibile con il rispetto al diritto allo studio sancito dalla convenzione europea dei diritti umani, la soluzione trovata dal legislatore italiano per regolare l’accesso all’università sarebbe ragionevole.

A presentare il ricorso a Strasburgo – riporta l’Ansa – erano stati 8 cittadini italiani. Una di loro ha fallito per 3 volte l’esame per accedere alla facoltà di medicina di Palermo. Altri 6 ricorrenti non hanno superato quello per entrare ad odontoiatria, l’ottavo invece pur avendo passato l’esame era stato escluso dal corso di laurea stesso dopo 8 anni che non dava esami.

Sulla sentenza interviene Michele Orezzi, portavoce dell’Unione degli universitari, ex studente pavese e membro del CNSU che dalle colonne del Corriere della Sera di ieri dice: «Pensiamo che il ricorso in sede europea  sia stato sbagliato da un punto di vista tecnico. I nostri ricorsi al Tar, e quello in subordine ala Corte costituzionale, sono mirati, tendono a evitare l’attuale disparità di trattamento tra candidati di diverse regioni che ottengono punteggi diversi nonostante il test nazionale».

«Senza numero di iscrizioni  programmate saremmo morti. Non a caso parlo di numero programmato e  non di numero chiuso» commenta così Andrea  Lenzi, presidente del Consiglio universitario nazionale (Cun), sul Sole 24 Ore. «Nessun Paese al mondo si può infatti permettere di formare, ad esempio medici, e non garantire loro l’inserimento nel  mondo del lavoro”» ha aggiunto Lenzi ribadendo che «la strada da seguire è quella dell’orientamento agli studi universitari».

 

(Aggiornato 3/4/2013 ore 15.30, secondo aggiornamento 4/4/2013 ore 12.50)