L’Assemblea della CRUI, riunitasi questa mattina a distanza, ha riflettuto sulle prossime fasi che attendono l’università. Due i temi principali da declinare trasversalmente rispetto alla periodizzazione indicata dal governo: didattica e ricerca. E se sul fronte della prima il bilancio del lockdown è sostanzialmente positivo (già a un mese dall’avvio la quasi totalità dei corsi universitari e tutte le sessioni di esame e laurea erano state trasferite sulle piattaforme per la didattica online), ora è la seconda a preoccupare i rettori.
«Nelle università si certificano mascherine, si produce gel igienizzante, si stampano in 3d valvole per i respiratori, si cercano il vaccino e le cure – ha detto il Presidente, Ferruccio Resta – È solo la ricerca a rendere il nostro futuro meno inevitabile. In quest’ottica, a partire dal 4 maggio i laboratori e le altre attività di ricerca, finora fermi o a regime ridotto, devono poter riprendere a pieno. Ne va della nostra capacità di guardare lontano e di fronteggiare le sfide dei prossimi mesi.»
Sul fronte della didattica la Conferenza dei Rettori punta a una fase 2 basata su una modalità mista (presenza/distanza), differenziata in base all’evoluzione territoriale della pandemia. Ciò per agevolare esami e sedute di laurea della sessione estiva e preparare un graduale ritorno alla normalità. Nella fase 3 invece, il permanere della modalità mista servirà soprattutto a facilitare il distanziamento sociale, ma anche a garantire la partecipazione agli studenti internazionali e ai pendolari ancora impossibilitati a raggiungere le sedi. Il tutto, ovviamente, orientato dal principio fondamentale della sicurezza di studenti, docenti e personale tecnico amministrativo. E basato su requisiti minimi in termini di distanziamento sociale, sanificazione, accessibilità alle strutture, servizi alla residenzialità e dispositivi di protezione individuale.
«Più di uno studio ipotizza un possibile riacutizzarsi del contagio con l’arrivo dell’autunno – ha proseguito Resta – Non possiamo farci trovare impreparati. In quest’ottica dobbiamo sfruttare la crisi anche come un’opportunità per ripensare l’università. Abbiamo bisogno di atenei con meno vincoli, con poche regole chiare. Atenei in cui le procedure amministrative siano adeguate a un futuro dematerializzato e a una didattica diversa. Un futuro che è già qui.»