Le prospettive di crescita e lavoro per i giovani in Medio Oriente e in Nord Africa, questo il tema del convegno internazionale organizzato in questi giorni dal Master in cooperazione e sviluppo dell’Università di Pavia e dello IUSS. Nato nel 1997 a fianco di tre organizzazioni non governative CISP, VIS e COOPI.
«Sono le esperienze a mostrarci dove hanno fallito le società arabe nell’ambito dell’integrazione dei giovani – ha detto Jad Chaaban della American University of Beirut – un fallimento che arriva dalle nuove riforme per creare posti di lavoro e dal non riuscire a stabilire una connessione tra il sistema educativo e il settore del lavoro pubblico».
Tra le soluzioni, secondo Chaaban, ci sarebbe quella di investire sui servizi che hanno maggior impatto sulle vite dei ragazzi, come quelli riguardanti le nuove infrastrutture e la comunicazione. Inoltre servirebbero un pacchetto di leggi, politiche e programmi che supportino i giovani nei cosiddetti periodi di transizione: l’educazione, il matrimonio (in Egitto per sposarsi servono all’incirca 43 mensilità), la ricerca di un lavoro e di una casa.
I dati presentati ieri nel convegno di apertura, in aula Foscolo, dicono che il 35% dei giovani di quelle aree é disoccupato e il 50% dei disoccupati sono giovani in cerca della prima occupazione: il trend regionale più alto al mondo.
Walid Abu Dalbouh dell’Università di Giordania, più che di inflazione e carenza di politiche governative ha parlato di come la situazione sia precipitata con l’arrivo della Primavera araba del 2010.
Secondo Abu Dalbouh il più grande problema riguarda la cultura, l’integrità e la mentalità dei paesi in via di sviluppo, di come abbiano investito sull’educazione e non sulla crescita, di come i giovani si siano chiusi in loro stessi per paura di non riuscire a sopravvivere nel loro paese d’origine. «Se opportunità e libertà non ci sono – ha detto in chiusura – allora non ci sono le possibilità di vedere realizzati i propri sogni; l’unica cosa possibile da noi è sopravvivere».
FC